ARIA DA MORIRE
ARIA DA MORIRE
di Pier Mannuccio Mannucci e Margherita Fronte, Dalai
editore, Milano 2013.
Conferma il quadro delineato dai Dossier di Legambiente
Mal’aria ed Ecosistema Urbano.
Un’aria irrespirabile, un pericolo per la salute: che
cosa si sa e che cosa si può fare? Scritto da un primario di medicina e da una
giornalista, cerca di riassumere e di spiegare come si valuta la qualità
dell’aria, fino a che punto questa qualità sia ormai compromessa dalle decine
di inquinanti prodotti dai combustibili fossili e dal loro uso e come si possa
migliorare la situazione.
Grazie al satellite
‘Terra’, lanciato dalla NASA nel 1999 da una base californiana a più di 700 km di altezza,
l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha potuto fornire, tra l’altro, dati
sull’inquinamento della troposfera, la parte di atmosfera che ospita l’uomo,
che si estende dal livello del mare fino a un’altezza di 10-15 km . Non è il solo
satellite a farlo. Anche grazie a questi dati, nel 2008, l’OMS ha potuto calcolare che ogni anno l’inquinamento
provoca nel mondo quasi un milione e 340.000 morti, non molti meno di
quelli causati dal virus dell’AIDS. Un bilancio così pesante non è però una
condanna definitiva. Si stima infatti che oltre un milione di quelle morti
potrebbero essere evitate se le linee guida dell’OMS relative alla
concentrazione di polveri sottili (PM10 e PM2,5) fossero implementate. E la
cifra cadrebbe ulteriormente se venissero messe in campo misure efficaci per
contrastare anche la presenza degli ossidi di azoto, del biossido di zolfo,
dell’ozono e di altre sostanze nocive.
Tra le regioni più
inquinate c’è anche la Pianura Padana,
con l’aggravante della quasi totale assenza di vento: la velocità del vento nel
bacino del Po è tra le più basse d’Europa, cosa che rende la nostra pianura
l’area più critica del continente.
Dagli anni 90 del
secolo scorso la situazione non è migliorata e tende anzi a peggiorare per il
continuo aumento dei mezzi di trasporto dovuto al miglioramento delle
condizioni economiche nei paesi cosiddetti emergenti.
In anni recenti gli
studi epidemiologici hanno dimostrato che, accanto agli effetti acuti, lo smog
cittadino determina gravi conseguenze sul lungo periodo, favorendo la comparsa
di malattie cardiovascolari, respiratorie e di tumori.
Nel Nord Italia circa il 70% del PM10 totale
è legato ai trasporti su strada, ma in alcune aree della Lombardia, il
riscaldamento domestico è responsabile del 40% delle polveri primarie, e il 90%
di queste emissioni è dovuto a caminetti e stufe che bruciano legna (e che sprigionano anche sostanze
cancerogene, come il benzo-a-pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici).
Altre sorgenti sono l’usura di freni, pneumatici e asfalto, e la cenere e il
particolato che si sviluppano nel corso degli incendi. Sono i veicoli alimentati a diesel i primi responsabili delle
emissioni dirette di una varietà di PM0,1 salita alla ribalta solo da pochi
anni, ma già accusata di causare gran parte degli effetti nocivi attribuiti
complessivamente alle polveri: il black
carbon.
Con un parco auto
vecchio e il trasporto delle merci ancora in gran parte affidato ai camion, l’Italia non è messa bene: siamo al
settimo posto nella classifica dei peggiori fra i 27 Paesi dell’Unione. Le
situazioni più critiche si registrano al
Nord dove, per il PM10, l’83% dei capoluoghi supera i 35 giorni di sforamento
della soglia di 50 µg/m³, oltre i quali, in base alla direttiva europea,
diventano obbligatorie misure di contenimento, quali i blocchi del traffico. La
situazione lecchese registrata nel 2012 è di 44 giorni di superamento del
limite di legge e, molto peggio, quella di Merate è di 89 giorni di
concentrazione di Pm10 oltre misura. (fonte: sito Arpa Lombardia e dossier
“Malaria di città 2013”
di Legambiente)
Alla luce dei dati riportati non sorprende
che la Corte di Giustizia europea il 19 dicembre 2012 abbia emesso una sentenza
che accoglie il ricorso presentato dalla Commissione europea per l’inadempienza
dell’Italia al rispetto della normativa, che riporta un ammonimento all’Italia
per l’assenza di un Piano nazionale per combattere lo smog più volte annunciato
ma mai presentato.
Oltre al PM10, con il
D.Lgs. 155/2010 le città sono obbligate a monitorare anche il PM2,5 (particelle di diametro inferiore
a 2,5 micron), il particolato più leggero e sottile e quindi più pericoloso
perché riesce ad insinuarsi più profondamente nell’apparato respiratorio o
addirittura in quello circolatorio e cardiovascolare. Il dato ancora oggi è
disponibile solo per poche città, tra cui Lecco
che registra valori medi annui tra 32 e 35 µg/m3, cioè al di sopra
del valore di riferimento che è di una media annua di 25 µg/m3 (fonte:
“Malaria di città 2013”
di Legambiente) .
Ozono: il gas dell’afa estiva. Nessuna sorgente inquinante emette
direttamente ozono, eppure tutte contribuiscono in modo più o meno marcato a
farne aumentare le concentrazioni nell’aria. Questo gas, formato da tre atomi
di ossigeno ed estremamente ossidante e nocivo, è infatti il risultato di
reazioni ossidative e fotochimiche (attivate cioè dalla luce solare) che si
verificano con maggior intensità nei giorni più caldi dell’anno, e che hanno
come materia prima molecole di tipo diverso. E’ uno degli inquinanti più
difficili da controllare. Il programma CAFE (Clean Air For Europe)parla di
21000 decessi attribuibili ogni anno a questo gas; di questi 4500 si verificano
in Italia. La situazione lecchese legata alla concentrazione di O3 è
tra le più gravi d’Italia: dal rapporto Mal’aria 2013 emerge che si colloca al
secondo posto della disonorevole classifica, dopo Mantova, con 94 giorni di
superamento del limite a fronte dei 25 giorni consentiti (il D.Lgs 155/2010
stabilisce per l’ozono troposferico una soglia giornaliera di 120 µg/m3
mediata su 8 ore consecutive).
Altro inquinante da
combattere, anche a Lecco, è il biossido di azoto (NO2), inquinante
secondario prodotto da trasporto su strada, riscaldamento e processi di
combustione industriale, derivato dell’ossidazione del monossido di azoto (NO)
irritante per le vie respiratorie e, soprattutto, principale precursore
dell’ozono e del particolate ultrafine. Anche per quanto riguarda questo
inquinante, Lecco registra una
situazione preoccupante, superando del 40% il valore limite concesso (56 µg/m3
contro i 40µg/m3 medio annui consentiti), unica tra i capoluoghi di
provincia al di sotto degli 80.000 abitanti e con un valore in crescita
rispetto a quello dello scorso anno (fonte Mal’aria 2013 ed Ecosistema urbano
2012).
La relazione fra la cattiva qualità dell’aria
e l’asma è fra quelle per
cui le prove degli studi tossicologici ed epidemiologici sono più schiaccianti.
Ed è ormai altrettanto chiaro che fra le persone più suscettibili ci sono anche
i bambini, perché hanno polmoni non ancora completamente sviluppati e perché
respirando a una frequenza maggiore introducono nell’organismo anche una
quantità più elevata di polveri e veleni.
Inquina meno, fai la tua parte. Prendi l’automobile solo se non ci sono
alternative. I mezzi di trasporto pubblici consumano e inquinano molto meno in
rapporto al numero di persone che trasportano. Andare in bicicletta o a piedi è
il modo più ecologico di spostarsi e permette di fare attività fisica,
prevenendo così obesità, malattie cardiovascolari e altri malanni. Se
acquistiamo un’automobile nuova prendiamo in considerazione i motori a Gpl o
ibridi che abbattono le emissioni di polveri e altri inquinanti e fanno
risparmiare sul carburante. Usiamo solo pile ricaricabili. In casa teniamo la
temperatura fra i 18 e i 20 gradi. Ricicliamo meglio i rifiuti,facendo
particolare attenzione a pile, medicinali e oggetti elettronici. Se la nostra
casa lo consente, prendiamo in considerazione l’idea di installare pannelli
solari termici.
Se per l’offerta di trasporto pubblico, e per la
densità automobilistica Lecco
si attesta nella classifica su una posizione intermedia, presenta invece valori
bassi o molto bassi per quanto riguarda
le piste ciclabili, l’indice di
ciclabilità, l’estensione delle isole
pedonali e la superficie di verde fruibile per abitante.
Laura Bonfanti e
Costanza Panella
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