IL CIGNO

13 febbraio 2013

ARIA DA MORIRE


ARIA DA MORIRE
di Pier Mannuccio Mannucci e Margherita Fronte, Dalai editore, Milano 2013.
Conferma il quadro delineato dai Dossier di Legambiente Mal’aria ed Ecosistema Urbano.
Un’aria irrespirabile, un pericolo per la salute: che cosa si sa e che cosa si può fare? Scritto da un primario di medicina e da una giornalista, cerca di riassumere e di spiegare come si valuta la qualità dell’aria, fino a che punto questa qualità sia ormai compromessa dalle decine di inquinanti prodotti dai combustibili fossili e dal loro uso e come si possa migliorare la situazione.

Grazie al satellite ‘Terra’, lanciato dalla NASA nel 1999 da una base californiana a più di 700 km di altezza, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha potuto fornire, tra l’altro, dati sull’inquinamento della troposfera, la parte di atmosfera che ospita l’uomo, che si estende dal livello del mare fino a un’altezza di 10-15 km. Non è il solo satellite a farlo. Anche grazie a questi dati, nel 2008, l’OMS ha potuto calcolare che ogni anno l’inquinamento provoca nel mondo quasi un milione e 340.000 morti, non molti meno di quelli causati dal virus dell’AIDS. Un bilancio così pesante non è però una condanna definitiva. Si stima infatti che oltre un milione di quelle morti potrebbero essere evitate se le linee guida dell’OMS relative alla concentrazione di polveri sottili (PM10 e PM2,5) fossero implementate. E la cifra cadrebbe ulteriormente se venissero messe in campo misure efficaci per contrastare anche la presenza degli ossidi di azoto, del biossido di zolfo, dell’ozono e di altre sostanze nocive.
Tra le regioni più inquinate c’è anche la Pianura Padana, con l’aggravante della quasi totale assenza di vento: la velocità del vento nel bacino del Po è tra le più basse d’Europa, cosa che rende la nostra pianura l’area più critica del continente.

Ma si deve anche dire che già nel 1998 ben nove tra le dieci città più inquinate al mondo si trovavano in Cina, anche se il primato, quanto ad aria cattiva, sembra spettare ad Ulan Bator, capitale della Mongolia, con 279 microgrammi al metro cubo di media annuale quanto a polveri sottili.
Dagli anni 90 del secolo scorso la situazione non è migliorata e tende anzi a peggiorare per il continuo aumento dei mezzi di trasporto dovuto al miglioramento delle condizioni economiche nei paesi cosiddetti emergenti.
In anni recenti gli studi epidemiologici hanno dimostrato che, accanto agli effetti acuti, lo smog cittadino determina gravi conseguenze sul lungo periodo, favorendo la comparsa di malattie cardiovascolari, respiratorie e di tumori.
Nel Nord Italia circa il 70% del PM10 totale è legato ai trasporti su strada, ma in alcune aree della Lombardia, il riscaldamento domestico è responsabile del 40% delle polveri primarie, e il 90% di queste emissioni è dovuto a caminetti e stufe che bruciano legna (e che sprigionano anche sostanze cancerogene, come il benzo-a-pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici). Altre sorgenti sono l’usura di freni, pneumatici e asfalto, e la cenere e il particolato che si sviluppano nel corso degli incendi. Sono i veicoli alimentati a diesel i primi responsabili delle emissioni dirette di una varietà di PM0,1 salita alla ribalta solo da pochi anni, ma già accusata di causare gran parte degli effetti nocivi attribuiti complessivamente alle polveri: il black carbon.
Con un parco auto vecchio e il trasporto delle merci ancora in gran parte affidato ai camion, l’Italia non è messa bene: siamo al settimo posto nella classifica dei peggiori fra i 27 Paesi dell’Unione. Le situazioni più critiche si registrano al Nord dove, per il PM10, l’83% dei capoluoghi supera i 35 giorni di sforamento della soglia di 50 µg/m³, oltre i quali, in base alla direttiva europea, diventano obbligatorie misure di contenimento, quali i blocchi del traffico. La situazione lecchese registrata nel 2012 è di 44 giorni di superamento del limite di legge e, molto peggio, quella di Merate è di 89 giorni di concentrazione di Pm10 oltre misura. (fonte: sito Arpa Lombardia e dossier “Malaria di città 2013” di Legambiente)
Alla luce dei dati riportati non sorprende che la Corte di Giustizia europea il 19 dicembre 2012 abbia emesso una sentenza che accoglie il ricorso presentato dalla Commissione europea per l’inadempienza dell’Italia al rispetto della normativa, che riporta un ammonimento all’Italia per l’assenza di un Piano nazionale per combattere lo smog più volte annunciato ma mai presentato.
Oltre al PM10, con il D.Lgs. 155/2010 le città sono obbligate a monitorare anche il PM2,5 (particelle di diametro inferiore a 2,5 micron), il particolato più leggero e sottile e quindi più pericoloso perché riesce ad insinuarsi più profondamente nell’apparato respiratorio o addirittura in quello circolatorio e cardiovascolare. Il dato ancora oggi è disponibile solo per poche città, tra cui Lecco che registra valori medi annui tra 32 e 35 µg/m3, cioè al di sopra del valore di riferimento che è di una media annua di 25 µg/m3 (fonte: “Malaria di città 2013” di Legambiente) .
Ozono: il gas dell’afa estiva. Nessuna sorgente inquinante emette direttamente ozono, eppure tutte contribuiscono in modo più o meno marcato a farne aumentare le concentrazioni nell’aria. Questo gas, formato da tre atomi di ossigeno ed estremamente ossidante e nocivo, è infatti il risultato di reazioni ossidative e fotochimiche (attivate cioè dalla luce solare) che si verificano con maggior intensità nei giorni più caldi dell’anno, e che hanno come materia prima molecole di tipo diverso. E’ uno degli inquinanti più difficili da controllare. Il programma CAFE (Clean Air For Europe)parla di 21000 decessi attribuibili ogni anno a questo gas; di questi 4500 si verificano in Italia. La situazione lecchese legata alla concentrazione di O3 è tra le più gravi d’Italia: dal rapporto Mal’aria 2013 emerge che si colloca al secondo posto della disonorevole classifica, dopo Mantova, con 94 giorni di superamento del limite a fronte dei 25 giorni consentiti (il D.Lgs 155/2010 stabilisce per l’ozono troposferico una soglia giornaliera di 120 µg/m3 mediata su 8 ore consecutive).
Altro inquinante da combattere, anche a Lecco, è il biossido di azoto (NO2), inquinante secondario prodotto da trasporto su strada, riscaldamento e processi di combustione industriale, derivato dell’ossidazione del monossido di azoto (NO) irritante per le vie respiratorie e, soprattutto, principale precursore dell’ozono e del particolate ultrafine. Anche per quanto riguarda questo inquinante, Lecco registra una situazione preoccupante, superando del 40% il valore limite concesso (56 µg/m3 contro i 40µg/m3 medio annui consentiti), unica tra i capoluoghi di provincia al di sotto degli 80.000 abitanti e con un valore in crescita rispetto a quello dello scorso anno (fonte Mal’aria 2013 ed Ecosistema urbano 2012).
La relazione fra la cattiva qualità dell’aria e l’asma è fra quelle per cui le prove degli studi tossicologici ed epidemiologici sono più schiaccianti. Ed è ormai altrettanto chiaro che fra le persone più suscettibili ci sono anche i bambini, perché hanno polmoni non ancora completamente sviluppati e perché respirando a una frequenza maggiore introducono nell’organismo anche una quantità più elevata di polveri e veleni.
Inquina meno, fai la tua parte. Prendi l’automobile solo se non ci sono alternative. I mezzi di trasporto pubblici consumano e inquinano molto meno in rapporto al numero di persone che trasportano. Andare in bicicletta o a piedi è il modo più ecologico di spostarsi e permette di fare attività fisica, prevenendo così obesità, malattie cardiovascolari e altri malanni. Se acquistiamo un’automobile nuova prendiamo in considerazione i motori a Gpl o ibridi che abbattono le emissioni di polveri e altri inquinanti e fanno risparmiare sul carburante. Usiamo solo pile ricaricabili. In casa teniamo la temperatura fra i 18 e i 20 gradi. Ricicliamo meglio i rifiuti,facendo particolare attenzione a pile, medicinali e oggetti elettronici. Se la nostra casa lo consente, prendiamo in considerazione l’idea di installare pannelli solari termici.
Se per l’offerta di trasporto pubblico, e per la densità automobilistica Lecco si attesta nella classifica su una posizione intermedia, presenta invece valori bassi o molto bassi per quanto riguarda le piste ciclabili, l’indice di ciclabilità, l’estensione delle isole pedonali e la superficie di verde fruibile per abitante.

Laura Bonfanti e Costanza Panella