IL CIGNO

27 marzo 2011

8 MARZO E 17 MARZO
DONNE CHE HANNO FATTO L’ITALIA
Cristina Trivulzio Belgioioso, esempio di “donna illustre” del Risorgimento

L’ambiente culturale della prima metà dell’Ottocento fu unanimemente concorde nel riaffermare l’inferiorità della donna, alla quale doveva essere impartita una istruzione funzionale ai compiti di moglie e madre che la natura le aveva affidato. In questo contesto assunse un’importanza rilevante il tema della “donna illustre”, della donna cioè che ispirava gesta eroiche o che si distingueva particolarmente nelle arti e nelle scienze, così che non venisse dimenticata la possibilità che delle donne esplicassero un’attività al di fuori dell’ambito familiare, anche se si trattava di donne appartenenti all’élite politica e culturale.
Cristina Trivulzio Belgioioso è l’esempio tipico di “donna illustre” del Risorgimento. Educata al femminismo da Bianca Milesi, Cristina fu, ovunque si recasse, non solo ideale ambasciatrice dell’unità nazionale ma anche sostenitrice della necessità di una soluzione risorgimentale socialmente avanzata, più vicina alle aspirazioni mazziniane e sansimoniane che a quelle conservatrici o giobertiane. Partecipò attivamente alle vicende politiche del tempo cosa che i contemporanei consideravano troppo passionale e scandalosa, essendo lei donna e nobile. Meno nota è la sua attività di riformatrice sociale.
Tornata da Parigi nella casa prediletta di Locate di Triulzi, conoscendo le condizioni di vita dei contadini locatesi, decise di iniziare a lavorare per migliorarle. Nel 1840 fondò un asilo infantile e una scuola elementare. Benché il suo progetto venisse da subito dichiarato pazzo e sovversivo dai proprietari agrari e guardato con sospetto dai locatesi, Cristina continuò nella sua opera. Aprì due scuole superiori, una per i ragazzi nella quale veniva insegnata geometria applicata alla tecnica agraria, l'altra per le ragazze dove veniva insegnato a leggere, scrivere e contare. Nel dicembre 1845, la principessa aprì una scuola di canto dove era lei stessa ad insegnare. In seguito organizzò ateliers per rilegatori, restauratori di quadri e pittori. A Locate decise anche di occuparsi di politica per assumere cariche amministrative aventi lo scopo di aiutarla nel conoscere i bisogni dei contadini. Esempi di questo suo impegno sono: la chiusura delle osterie dopo le nove di sera e durante le funzioni religiose, l'obbligo da parte dei parenti di mandare a scuola i figli, la carcerazione di ladri e briganti, la manutenzione delle strade, la costruzione di un giardino pubblico per la ricreazione dei lavoratori, l'illuminazione pubblica, la creazione di strutture per la salvaguardia della salute dei contadini, quali il pubblico scaldatoio e la cucina economica. Il primo era un vasto locale illuminato e riscaldato al pian terreno del suo palazzo dove giorno e sera potevano stare fino a trecento contadini, la seconda era una mensa comune dove i contadini potevano gustare un’ottima minestra per un decimo del costo (pagamento simbolico pensato appositamente per vincere la pigrizia e la mendicità).
Il 20 aprile 1848 nella repubblica romana venne costituito un Comitato di soccorso ai feriti: ne facevano parte Enrichetta Di Lorenzo, compagna di Carlo Pisacane, la marchesa Giulia Paulucci e un sacerdote liberale. Cristina fu nominata direttrice delle ambulanze militari. Era la prima volta che un simile incarico veniva affidato ad una donna e la principessa si dimostrò pari all'impresa grazie al suo dinamismo, al suo talento di organizzatrice, al suo spirito riformatore. Cristina denunciò gli infiniti abusi riscontrati negli ospedali, ma non si limitò a questo. Realizzò un'idea del tutto nuova e addirittura rivoluzionaria creando l'assistenza infermieristica femminile laica. Le infermiere volontarie nacquero con l'appello della principessa, e delle altre signore del Comitato di soccorso, alle donne italiane perché accorressero ad assistere i feriti della Repubblica. All'appello risposero numerosissime, senza distinzione di origine e classe, romane e forestiere, aristocratiche e popolane. Lo slancio patriottico coinvolse oneste matrone e prostitute di professione. La selezione fu molto dura. Solo trecento donne vennero impiegate. Naturalmente la presenza di ragazze dai dubbi precedenti venne sfruttata dai polemisti reazionari. La principessa rispose con una lettera fiera ed umanissima al pontefice, nella quale difese l'operato di queste ragazze.
Cristina non si preoccupò solo di arruolare infermiere, cercò di dare all'assistenza infermieristica un assetto organizzativo definitivo. Chiese ai cittadini triumviri di creare una casa centrale di assistenza per istruire le infermiere a cura di direttrici e maestre ed educarle a molta severità di costumi e regolarità di vita monastica. Inaugurò i principi basilari scientifici della preparazione infermieristica moderna e oltrepassando la sfera meramente tecnica attribuì alle direttrici e alle assistenti quelle funzioni che oggi sono attribuite al servizio sociale degli ospedali. Non esitò a rivolgersi al ministro della Guerra per reclamare il soldo dovuto ai feriti affidati alle sue cure.
Gli ultimi dieci anni, morirà il 5 luglio 1871 nella casa della figlia a Milano, non li trascorse a fare la calza. Fondò un giornale, l'"Italie", destinato a pubblicizzare in Europa la politica italiana, scrisse saggi politici e, nel primo numero della rivista "Nuova Antologia", su richiesta del vecchio amico Terenzio Mamiani pubblicò il saggio "Della presente condizione delle donne e del loro avvenire" che si conclude con queste parole: "Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!"


Costanza Panella, Legambiente Lario Sponda Orientale