L’ACCORDO DI PARIGI
VERSO L'ECONOMIA DECARBONIZZATA
Il Paris Climate
Agreement è stato firmato il 12 dicembre del 2015. È forse il più
importante documento politico globale di tutti i tempi. Ma come rafforzare le
promesse della Cop21? La risposta dei mercati e il ruolo del movimento
ambientalista internazionale.
Ecco il commento del Segretariato Generale dell’ONU:
"187 paesi hanno finora presentato i loro piani nazionali (INDCs). I governi hanno concordato per regole forti e trasparenti per assicurare che tutti i paesi facciano quello che è stato concordato.
"187 paesi hanno finora presentato i loro piani nazionali (INDCs). I governi hanno concordato per regole forti e trasparenti per assicurare che tutti i paesi facciano quello che è stato concordato.
Anche i 'business leaders' sono arrivati in numeri mai
eguagliati prima. La 'Action
Agenda' mostra che molte
soluzioni sono già accessibili e molte di più promettono di arrivare. I mercati
hanno un chiaro segnale che si dovranno programmare investimenti che generino
basse emissioni e una crescita resiliente.
Ciò che una volta sarebbe stato impensabile ora è
diventato infermabile.
Eccellenze,
quando gli storici torneranno indietro a questo giorno,
scriveranno che la cooperazione globale per assicurare un futuro al sicuro dei
cambiamenti climatici, qui a Parigi ha avuto una nuova svolta di capitale
importanza. Oggi possiamo guardare negli occhi dei nostri figli e nipoti e
finalmente dire loro, dopo così tanti ritardi e anni di discussioni, che
abbiamo unito le mani per tramandare loro e alle future generazioni un mondo
più abitabile.
Dobbiamo stare uniti
Il lavoro inizia domani"
Speriamo sia vero: a leggere il Financial Times si nota il
solito. Quelle stesse borse che in genere si alzano al primo odore di sangue,
sono diffidenti e stanno per così dire, per ora, sotto coperta. Abituate a
speculare su tutto, ora che si tratta niente di meno che dei destini del
pianeta, sembrano più che altro disorientate.
L’accordo di Parigi è leggibile anche in francese (per noi
italiani più veloce da capire) e in questa lingua consta di 39 pagine.
Perché come al solito tutti ne parlano ma pochi lo leggono: i
leader politici che hanno a tutti i costi voluto legare la loro firma
all'accordo, quelli che più di tutti si sono spesi per raggiungerlo, sono
Cristiana Figueres, Ban Ki-moon, Segolene Royal, Francois Holland e Laurent
Fabius. E' bello poter entrare nella storia dalla porta principale, senza
l'aura truce di affondatore del pianeta, e si capiva che ci tenevano
moltissimo.
Come pure tutti i diecimila delegati della COP, una vera
massa internazionale, premuta e pressata, con forza e un po' di complicità, mi
è parso, dalla ancor più grande massa di persone che rendevano allegre e
colorate, dopo tanto dolore, le strade di Parigi, per chiedere che finalmente
si andasse verso un'economia libera dalle energie fossili e da tutto quello che
hanno significato.
Dappertutto c'erano cartelli che rievocavano uno slogan del
maggio francese, questa volta cambiato in 'ce n'est que le debut', e la
consapevolezza che davvero si stava andando verso una nuova era, più rispettosa
dei diritti della terra e di quelli della natura.
Naturalmente ci sono molti punti deboli, nell'accordo, in
particolare non c'è alcun accenno alla tassazione degli inquinatori, aerei e
navi faranno da sé, perché non saranno pare né controllati né penalizzati, non
ci saranno sanzioni per gli inadempienti, e gli stessi meccanismi di
trasparenza lasciano a desiderare perché sono lasciati ai singoli stati
nazionali: tutto è come sempre rallentato e ostacolato dagli interessi
dell'economia ora dominante.
Ma è chiaro che è finalmente emersa la climate economy, con
l'Accordo a fare da spartiacque, e non c'è dubbio che questo documento
politico, per la portata di trasformazioni che poi alla fine si imporranno da
sole, è forse il documento più importante che mai sia stato firmato nel mondo.
Si aprono per le rinnovabili nuovi scenari di crescita ed è
diventato sempre meno conveniente, e persino pericoloso per il portafoglio,
continuare a investire in energie inquinanti.
Se ne è resa conto anche l'Arabia Saudita, il cui padiglione
alla COP era il più vasto di tutti, che pianifica di diventare un potere
globale anche nel campo del solare ed eolico.
Con la differenza che in questo caso si tratta di forme di
energia molto più democratiche e alla portata di tutti: come giustamente rileva
May Boeve, leader di 350.org, “Parigi non è la fine della storia, ma la
conclusione di un capitolo particolare. Ora sta a noi rafforzare queste
promesse (in particolare il mantenimento sotto i due gradi della temperatura
globale, promessa che tuttavia già si sa non sarà mantenuta, a meno che il
movimento globale non faccia un miracolo), essere sicuri che vengano mantenute,
e accelerare la transizione dalle energie fossili verso il 100% di rinnovabili.
Senza una pressione dal basso, i leader del mondo avrebbero interamente
ignorato il problema. Lavoriamo insieme per costruire un movimento climatico
più forte e potente.”
E la delegazione di 'Grassroots Global Justice Alliance'
(Stati Uniti) rincara la dose: "Continueremo a combattere a ogni livello per
difendere le nostre comunità, la terra e le future generazioni: come ha scritto
Franz Fanon 'Le mani magiche sono quelle del popolo'".
Appunto, ce n'est
qu'un début!
Valeria
Fieramonte
socia del Circolo
Lario Sponda Orientale
inviata a Parigi
per la Nuova Ecologia
lo striscione dei banchetti per la cop21 sulla sponda
orientale del Lario
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