IL CIGNO

21 dicembre 2015

QUALE AGRICOLTURA NELLA RISERVA NATURALE



RISERVA DEL PIAN DI SPAGNA: LEGAMBIENTE CRITICA CON REGIONE LOMBARDIA

Legambiente entra nel dibattito che ha fatto della Riserva Naturale del Pian di Spagna, in questi ultimi mesi, un'arena infuocata di confronto tra attività agricola e gestione di uno dei territori più preziosi per la conservazione degli equilibri ambientali della Lombardia.

"Il conflitto tra agricoltura e gestione dell'ambiente protetto della riserva non dovrebbe semplicemente esistere, ma c'è e rivela una grave assenza della regia da parte in primo luogo dell'ente regione, che da alcuni anni sembra essersi dimenticata delle proprie responsabilità nei confronti del sistema delle aree protette" dichiara Marzio Marzorati, responsabile aree protette e vicepresidente di Legambiente Lombardia "per questo è un conflitto utile, perchè segnala un problema reale rispetto a cui bisogna alzare il livello di denuncia, in primo luogo nei confronti dell'assessorato regionale, ma allo stesso tempo ci dice che, per affrontare la solitudine istituzionale in cui sono lasciati gli enti gestori di parchi e riserve, occorre sviluppare gli strumenti del dialogo e della sussidiarietà a livello territoriale: noi ci siamo per affrontare in modo costruttivo un confronto nell'interesse esclusivo della Riserva Naturale".

L'associazione ambientalista è stata in questi anni in prima fila nel sostenere progetti entro i quali proprietari e conduttori dei fondi rurali potessero sviluppare e vedersi riconosciuto il ruolo di "custodi del territorio". Un ruolo che l'agricoltura ha da sempre sviluppato, ma che negli ultimi decenni con l'industrializzazione dell'agricoltura è stato troppo spesso accantonato, puntando a massimizzare le rese a scapito non solo della sostenibilità ambientale, ma anche della qualità e della tipicità dei prodotti. Paradossalmente, l'aumento delle rese non sempre è corrisposto a un miglioramento del reddito e del benessere di coloro che portano avanti l'azienda, anzi spesso sono aumentati i rischi legati per esempio alle oscillazioni dei prezzi sui mercati internazionali. La dimostrazione è quella offerta dalla viticoltura, dove i redditi delle aziende sono aumentati quando il settore vitivinicolo ha scelto di puntare sulla qualità anziché sulla resa.
Questo scarto invece non è avvenuto nel settore zootecnico: il fondovalle valtellinese e il Pian di Spagna hanno importato dalla Pianura Padana un modello basato sulle grandi stalle e sulla produzione spinta di latte, a fronte di elevati impatti ambientali, alti rischi e alti costi aziendali legati all'acquisto dei mangimi.
"Noi ci siamo per condividere con gli agricoltori e gli allevatori più sensibili un percorso di conversione verso pratiche maggiormente in equilibrio con la Riserva - dichiara Costanza Panella, presidente del circolo Legambiente Alto Lario - e per farlo nell'ambito di un progetto di custodia del territorio, che sappia sfruttare sapientemente le opportunità offerte dal Piano di Sviluppo Rurale. Ma per questo occorre condividere una visione di futuro dell'agricoltura nella riserva, che poi generi investimenti coerenti e li affianchi con un marketing efficace, oltre a una forte e coesiva regia istituzionale, a cui richiamiamo prima di tutto l'ente gestore della Riserva. L'ente deve essere messo in condizione di svolgere funzioni di regia per l'attuazione sapiente del piano di sviluppo rurale.